Una lettera da una professoressa coraggiosa di Palermo pubblicato su "Il Fatto quotidiano" del 14 Giugno 2010.
La lettera fa paura...
Antonio
Ministro Tremonti,
 lei mi obbliga a violare la legge. Mi piacerebbe incontrarla per  dirglielo guardandola negli occhi. Lei sta obbligando la maggioranza dei  docenti italiani a violare la legge. È esattamente quello che accade in  moltissime scuole italiane. Cosa significa infatti ammassare più alunni  di quanti un'aula può contenerne, se non violare la legge? Sono ben tre  le norme violate: la normativa antincendio, quella per la sicurezza  negli edifici scolastici e quella igienico sanitaria. Molti sanno che  lei ha tolto ben 8 miliardi all’istruzione pubblica. “C’erano tanti  sprechi e siamo in tempi di crisi, bisogna razionalizzare”, saggia e  incontrovertibile affermazione. Così ha giustificato la cosa. Di contro,  però, le spese militari ricevono 25 miliardi di euro e leggo in questi  giorni di un bonus di 19 mila euro a classe per le scuole private e  leggo anche di un aumento di circa 200 euro mensili per i colleghi di  religione, buon per loro, non sia mai, ma allora non bloccassero i  nostri per i prossimi secoli.
 Mettiamoci d’accordo. C’è la crisi o no? Un giorno c’è, un giorno non  c’è, un giorno è un “anatema psicologico delle sinistre” e l’altro  giorno “dobbiamo fare sacrifici”. Ma non tutti, attenzione: gli statali.  Io mi sono arrovellata nel tentativo di capire dove fossero quegli  sprechi quando, nell’agosto 2008, ho saputo degli 8 miliardi da togliere  alla scuola pubblica. Ma lei ha fugato i miei dubbi: lo spreco era  studiare l’italiano, e quindi via due ore. Lo spreco era studiare la  tecnologia moderna e quindi via un’ora. Questo alle medie. Escano prima i  ragazzi: così hanno tempo per riflettere. Lo ha detto il ministro  Gelmini. Lo spreco era recuperare i bambini con difficoltà (cosa  frequentissima nei contesti dove vivo e ho scelto di insegnare io, e  cioè nelle periferie), e quindi via le compresenze in talune ore di due  maestri nelle elementari: a questo servivano, caro ministro. Il tutto  eseguito con la furia di un boscaiolo cieco che ha distrutto chiome  sane, piante rigogliose e qualche ramo secco, ma troppo pochi, in cambio  della distruzione della nostra foresta amazzonica: il polmone del  nostro futuro. Quelle due ore d’italiano e le compresenze servivano  anche a coprire le assenze dei colleghi senza ricorrere a supplenze  esterne. Inoltre: aumentiamo i ragazzi per classe: fino a 30, 33..ma sì.  Realizziamo un bel parcheggio per ragazzi, non una scuola certamente.  Del resto sono altre le fonti vere della formazione: la vita, la strada,  la televisione, il computer. Per chi vuole studiare veramente ci sono  le scuole private. Studiare cosa e come poi è da vedere.
 C’è un piccolo particolare: tutto ciò è anticostituzionale. La  Costituzione riconosce alla scuola pubblica, statale, italiana il  compito di formare e istruire gli italiani. Le private? Una scelta  possibile, non obbligata. Non era un paradiso la scuola pubblica, prima  di Tremonti, ma i problemi erano altri, non certo questi.
 Torniamo alle sue motivazioni: la gestione dei singoli istituti, troppi  soldi, troppi. E quindi tagli anche a quella. “Facessero una colletta i  genitori, e che sarà mai qualche centinaio di euro”. Alla voce vedi  sopra. “Qualche centinaio di euro è nulla”, ma non c’era la crisi? Nella  mia regione, in Sicilia, quel centinaio di euro serve per andare  avanti. E dunque i tagli: nella scuola dove insegno io, una normale  scuola media della periferia palermitana, ma potremmo generalizzare a  tutte le scuole medie d’Italia, siamo quasi alla paralisi. Avete  compiuto il miracolo: unire di colpo nord e sud nella omologazione verso  il peggio. Dico quasi, perché poi, incredibilmente, docenti e dirigenti  sono diventati bravi a fare i salti mortali e le capriole all’indietro.  E forse questo lei lo sapeva: qual è l’unica classe di lavoratori in  Italia che, nonostante tutto, continua a lavorare? La nostra. Nel senso  che lei aveva ragione e che quindi, nonostante i tagli , riusciamo ad  andare avanti? No: nel senso che per noi quelli che non devono subire le  ricadute gravissime della sua scelta scellerata, ripeto, scellerata,  non devono essere i ragazzi: e dunque si alza la saracinesca comunque e  si fa l’appello tutte le mattine.
 Però sa cosa c’è? C’è che abbiamo anche sopportato e stiamo sopportando  molto, ma l’illegalità di stato dentro una scuola no. Io non la sopporto  e la denuncio. Tagliare completamente i fondi di gestione delle scuole  ha comportato l’impossibilità di chiamare supplenti per coprire le  assenze, adesso che non ci sono più quelle due ore che servivano a  coprirle. E dunque le classi si dividono in altre classi. Giornalmente. I  ragazzini si prendono la loro sedia e vagano nei corridoi in cerca di  spazio. Perdendo ore di lezione. E allora: posso sopportare di lavorare  meno, posso sopportare di farlo in una scuola ammuffita, con l’acqua che  filtra, senza vetri (lei mi dirà : si rivolga all’amministrazione  comunale), posso sopportare di non avere carta igienica per i ragazzi,  sapone nei bagni, riscaldamenti a singhiozzo. In una mia classe di prima  media ho 23 bambini, 4 di loro con gravissimi disagi sociali e disturbi  comportamentali (sono figli di carcerati) , due con problemi di  apprendimento e uno disabile grave. Io insegno arte: nelle mie ore non  ho insegnante di sostegno, perché sono state tagliate le ore del  sostegno, come tanti sanno.
 E allora mi dica lei qual è il diritto all’istruzione negata del mio  alunno disabile? Qual è il diritto all’attenzione precipua negata ai 4  bimbi con problemi sociali? E ai due che non riescono a leggere senza  distrarsi? E' una scuola di periferia, se non li aiuto io chi li aiuta? E  il resto dei compagni? Non hanno diritto alla “normalità”? E poi viene  la ministra Gelmini a parlar male dei docenti del sud, di come i nostri  alunni sono in fondo alle classifiche delle prove di merito: ma in  queste condizioni cosa vi aspettate? È già un miracolo se abbiamo le  sedie nella mia scuola. L’inverno lo abbiamo trascorso con mussa e  infissi rotti. “Si rivolga al Comune” dirà lei. Il suo sindaco di  centrodestra ha tagliato anche lui tutti i finanziamenti alle scuole:  sia per il funzionamento ordinario, sia per le manutenzioni. Non ci  resta che Santa Rosalia. E in effetti... manco la Chiesa ci appoggia,  noi sciagurati delle periferie, intenta com’è a salvaguardare le scuole  private. Lei lo chiama razionamento e si riempie la bocca di frasi  assurde sul come l’Italia stia reggendo la crisi. Mi scusi: ma che  cavolo sta dicendo? Lo deve dire lei, una statistica o io? Ho 253  alunni, 253 famiglie cioè: un bel campione di famiglie di periferia,  come ce ne sono a migliaia nella corona delle città. Forse ne so parlare  meglio di lei degli effetti della crisi, sig. Ministro: niente fumo  negli occhi ahimè. Perché nemmeno il contributo di 15 euro annui  riescono più a pagare. Lo stato vissuto nelle classi italiane è  disastroso. Io la chiamo illegalità.
 Io non posso adeguarmi. Non per me stessa, che alla fine noi docenti ci  abituiamo a tutto, ma per loro. Non posso più tollerare che quei ragazzi  siano il bersaglio vero delle nostre scelte. È questa l’illegalità  Egregio ministro. L’illegalità e il non rispetto della legge no. A  Palermo no. Non in quel quartiere: la scuola non può tollerarlo perché è  l’unico baluardo dello Stato. Porti solo la sua firma questo scempio:  io non voglio rendermene complice. E non mi dica che sto facendo  politica e un insegnante non può farla. Io ne ho più diritto di lei, che  sia chiaro: io formo i cittadini di domani. Non lei. Lei passerà, per  fortuna, ma i docenti italiani ci saranno sempre a insegnare cosa voglia  dire rispettare le regole, rispettare la legge, cosa significhino  parole come “comunità”, come “solidarietà”, come “eguaglianza”, come  “fraternità”.
 Questa è politica, caro Tremonti, ed è il senso del mio mestiere. Glielo  insegno di più io, non di certo tu che gli togli maestri, risorse e  ruolo sociale. Da qualche mese mi rifiuto di accogliere ragazzi  provenienti da classi divise oltre il numero consentito. E lo farò anche  a fronte di ordini di servizio scritti. Venga qualcuno a obbligarmi.  Venga pure. Io mi rifiuto. Il mio Dirigente mi dirà: dove li metto  allora? Io la rivolgo a Lei questa domanda: dove li mettiamo? La rivolgo  ai suoi elettori, che sono anche genitori: dove volete che li mettiamo i  vostri figli?
 Di quei 25 miliardi alle spese militari destini nuovamente alla scuola  pubblica gli 8 miliardi tolti. Oppure assegni i proventi del lotto per  un anno alla messa in sicurezza degli edifici scolastici: sono questi  per me i monumenti culturali dell’Italia che amo. La smetta di giocare  con la vita e con l’istruzione dei nostri figli. Anzi, le dico di più,  se posso: se ne vergogni.
 Mila Spicola, professoressa
1 comment:
Compagno, bella la lettera.
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